Chi ha davvero bisogno di chi? Google e gli editori nel nuovo equilibrio digitale

Per anni Google e gli editori hanno avuto una relazione complicata, fatta di collaborazioni, tensioni e continui ribaltamenti negoziali. Il programma Extended News Previews (ENP) ha riacceso il dibattito sull’equilibrio compenso, ovvero quanto Google debba pagare gli editori per l’utilizzo delle anteprime delle notizie nei suoi servizi. La diatriba si basava sulla quantificazione del valore reciproco che gli editori e Google traggono dall’ esporre gli snippet news sul motore di ricerca e sulle altre piattaforme di distribuzione di contenuti.  

Da qualche anno Google porta avanti la posizione che le keywords del settore news non abbiano una vera valenza commerciale e che quindi se venissero tolti gli snippets delle testate giornalistiche dal motore di ricerca, Discover e News, l’impatto economico per Google sarebbe insignificante. 

Per dimostrare questa ipotesi, nel novembre scorso Google ha fatto qualcosa di inaspettato: ha rimosso completamente le news dai propri servizi in diversi Paesi UE, tra cui l’Italia, per oltre due mesi sull’1% degli utenti. Un esperimento che ha fornito dati molto concreti su un quesito fondamentale: chi ha più bisogno di chi? Siamo sicuri che sia Google a dipendere dai contenuti giornalistici, o sono piuttosto gli editori a dipendere dal traffico generato dal motore di ricerca?

Google e il (non) peso delle news sul suo business

Google è una macchina da profitti basata sulla pubblicità. Il suo impero economico ruota attorno a prodotti come Search, Ads, YouTube e Android, tutti ecosistemi proprietari che generano miliardi di dollari ogni anno. In questo contesto, il ruolo delle news, monetizzate dal cosiddetto Google Display Network (GDN) risulta marginale: non sono sicuramente il pilastro della sua attività e il test lo ha dimostrato.

Nonostante la rimozione delle notizie dai suoi servizi per oltre due mesi, Google non ha subito cali di rilievo nei propri ricavi o nella sua centralità nel web. Il traffico globale non ha registrato stravolgimenti e l’azienda ha continuato a prosperare senza problemi.

Gli editori e la loro dipendenza da Google

Dall’altro lato della medaglia, per gli editori la storia è diversa. Molte testate giornalistiche ricevono tra il 60% e il 90% del proprio traffico da Google Search, Google News e Google Discover. Significa che senza la visibilità garantita dalle piattaforme Google, gli articoli ricevono meno lettori, gli annunci pubblicitari valgono meno e i ricavi crollano.

I risultati sull’Italia dell'esperimento condotto da Google sul valore delle news
I risultati sull’Italia evidenziano che l’assenza di notizie ha ridotto leggermente l’uso di Ricerca, restando su valori marginali (meno dell’1%). Discover ha perso intorno al 5% Fonte EU 25 Report on the Value of News Content.

Il problema è che per anni molti editori hanno costruito il proprio modello di business sulla base del traffico gratuito fornito da Google, senza investire a sufficienza su strategie alternative. Il test ha messo in luce una verità scomoda: senza Google, praticamente tutti i giornali digitali chiuderebbero immediatamente i battenti. 

Al contrario, il test dice anche che Google potrebbe fare a meno degli editori senza ripercussioni dal punto di vista economico. 

Quello che il test non dice tuttavia è che senza contenuti editoriali le piattaforme Search, News e Discover perderebbero nel tempo molto del loro appeal e che se gli utenti non trovassero più contenuti informativi li cercherebbero su piattaforme alternative come TikTok, Meta ma anche su ecosistemi emergenti come ChatGPT e Perplexity. 

In altre parole, il vero danno per Google sarebbe la perdita di tempo di permanenza sulle proprie piattaforme appannaggio dei suoi acerrimi competitor, cosa non da poco conto. 

Qual è la lezione da imparare?

Questa esperienza porta a una riflessione profonda. Se dal punto di vista prettamente pubblicitario Google può fare a meno delle news senza gravi conseguenze, invece gli editori vedrebbero il loro traffico smaterializzarsi, significa che l’equilibrio di potere non è quello che molte testate speravano.

Gli editori (ma in questo caso si parla prettamente delle grandi testate cartacee) devono smetterla di considerare Google un “nemico da cui esigere compensi” e iniziare una collaborazione vera con quello che senza dubbio è l’alleato principale nella lotta alla sopravvivenza dell’editoria digitale. Il dato di fatto è che se il futuro dell’editoria dipendesse dalle piattaforme social o dalle nuove tecnologie di AI, potremmo già considerarci morti e sepolti. 

È anche vero però che gli editori devono investire per diversificare le fonti di traffico. Affidarsi solo al traffico degli algoritmi Google è ormai una strategia superata: se Google cambiasse l’orientamento strategico degli algoritmi o decidesse di dare meno visibilità ai contenuti giornalistici a favore per esempio del settore e-commerce (come già in parte accaduto), l’intero settore dell’editoria digitale rischierebbe il collasso.

Un nuovo rapporto tra Google e gli editori

Quindi, come si può costruire un equilibrio più sano? La chiave è la cooperazione intelligente. Google ha già proposto modelli come ENP e Google News Showcase, che offre agli editori compensazioni per i contenuti di qualità. Ma gli editori non possono limitarsi a chiedere più soldi: devono innovare e trovare nuovi modi per coinvolgere il pubblico sia sulle piattaforme Google che sulle altre piattaforme di distribuzione contenuti. 

Ecco alcune strategie su cui puntare:

  • Abbonamenti e contenuti premium, per rendere i lettori più fedeli e meno dipendenti dalla pubblicità.
  • Newsletter e community, per stabilire un rapporto diretto con il pubblico e ridurre la dipendenza dalle piattaforme esterne.
  • Diversificazione delle piattaforme, investendo su social media, aggregatori indipendenti e app di news per raggiungere i lettori in modi diversi.

Conclusione

Il test di Google ha dimostrato che, al momento, dal punto di vista del traffico e della raccolta pubblicitaria sono gli editori a dipendere più da Google che viceversa. Ciò significa che Google in questo momento è il più grande alleato delle testate online, dato sul quale non bisogna sedersi ma costruire. Il futuro dell’editoria digitale passa dalla capacità di adattarsi e trovare nuovi modelli di crescita. Google continuerà a evolversi, ma gli editori devono fare altrettanto, senza restare ancorati a dinamiche del passato.

Se l’obiettivo è costruire un ecosistema informativo sano, serve un mix di cooperazione, innovazione e indipendenza. Il vero problema non è quanto Google paghi per le news, ma come gli editori possano rendersi meno vulnerabili ai cambiamenti del mercato digitale.