Viewability Rate: che cos’è davvero e perché non basta per aumentare i ricavi

TRADOTTO IN AUTOMATICO CON DEEPL

Quando si parla di pubblicità online, una parola che salta fuori spesso è viewability. Suona tecnica, quasi misteriosa, ma in realtà il concetto è semplice: un annuncio è viewable se viene davvero visto dall’utente. Ma ecco la domanda che tanti si fanno: se aumento la viewability, guadagno di più?

La risposta breve è: dipende. Quella lunga? Te la spieghiamo qui.

Che cosa è la Viewability?


Iniziamo col concordare una definizione di viewability degli annunci. In sostanza, la viewability misura quante delle pubblicità servite dagli inserzionisti digitali vengono effettivamente viste dagli utenti. Gli standard di settore più comunemente accettati per la viewability provengono dall’Interactive Advertising Bureau (IAB) e dal Media Rating Council, secondo i quali un’impressione pubblicitaria è considerata visibile se:

  • Per gli annunci display, il 50% dei pixel dell’annuncio è visibile per almeno 1 secondo
  • Per gli annunci video, il 50% dell’annuncio è visibile per almeno 2 secondi

Il viewability rate è la percentuale del totale delle impressioni pubblicitarie che sono state considerate visibili.

Perché agli inserzionisti interessa la viewability? Semplice: nessuno vuole pagare per annunci che nessuno guarda. Secondo uno studio condotto da Integral Ad Science (IAS), le campagne pubblicitarie che raggiungono una viewability pari o superiore al 70% possono ottenere CPM fino al 35% più alti rispetto a quelle con una visibilità inferiore al 50%.

Più viewability = più ricavi? Sì… ma non sempre

In quanto editore e content creator, stai gestendo al meglio il tuo sito. Vuoi che gli annunci siano ben visibili, giusto? Quindi decidi di ridurne il numero per migliorarne la visibilità. Da 6 a 3 per pagina, magari. Il viewability rate sale, ottimo! Ma c’è un problema: hai tagliato la metà delle impression.

Se il CPM (quanto guadagni ogni 1000 impressioni) aumenta un po’, ma le impressioni crollano, potresti comunque guadagnare meno. È come alzare il prezzo di una fetta di torta, ma tagliarne la produzione: se ne vendi meno, alla fine incassi di meno.

E con CPC e CPA? Occhio ai falsi miti

C’è chi pensa che migliorare la viewability migliori automaticamente anche metriche come CPC (costo per clic) o CPA (costo per azione). Ma non è proprio così.

Sì, è vero: se un annuncio è visibile è più probabile che venga cliccato. Ma conta anche chi lo vede, dove lo vede e quanto è interessante. Un utente distratto, o che trova l’annuncio irrilevante, non cliccherà nemmeno se gli resta sotto il naso per mezz’ora.

Case Study: il blog tech

Un blog su argomenti tech ha migliorato il proprio viewability rate passando dal 55% al 75%. Come? Riducendo il numero di annunci e scegliendo posizioni migliori. Il CPM è salito… ma il numero totale di impression è calato troppo. Risultato? I ricavi sono scesi del 15%.

Solo dopo aver trovato un equilibrio tra visibilità e quantità di annunci, i guadagni sono tornati a salire. Morale: meglio un’ottima strategia bilanciata che una corsa alla perfezione del dato singolo.

Viewability: non è uguale su tutti i dispositivi

Altro errore comune: pensare che il viewability funzioni allo stesso modo su tutti i device. Spoiler: non è così.

Su mobile, ad esempio, gli annunci spesso sono più visibili semplicemente perché lo schermo è più piccolo e l’utente ci scorre sopra più facilmente. Ma questo non significa che funzionino meglio. Le persone si comportano in modo diverso a seconda del device.

Un editore vede un viewability medio del 65% e decide di fare modifiche generiche su tutto il sito. Ma guardando bene i dati scopre che su mobile è già all’80%, mentre su desktop è solo al 50%. Ottimizzando solo la parte desktop, avrebbe migliorato le performance senza toccare il resto.

Anche i formati pubblicitari fanno la differenza

Non tutti gli annunci si comportano allo stesso modo. I formati video, per esempio, possono avere un viewability alto ma essere meno cliccati. Gli sticky banner (quelli che “rimangono attaccati” allo schermo) sono molto visibili, ma a volte l’utente li ignora.

Insomma, non basta guardare solo se un annuncio viene visto: serve capire anche come e con che risultati.

Come ottimizzare davvero il Viewability Rate (senza fare danni)

Strategie per ottimizzare la Viewability dei tuoi annunci

Ecco qualche consiglio pratico per migliorare senza rischiare di rovinare tutto:

1. Guarda il contesto, non solo il numero

Un viewability alto è inutile se il CTR (click-through rate) è basso o se l’esperienza utente peggiora. Guarda il quadro completo: quanto tempo stanno le persone sulla pagina? Interagiscono? Comprano? Cliccano?

2. Segmenta i dati

Dividi il viewability per:

  • dispositivo (desktop, mobile, tablet)
  • formato (video, banner, native…)
  • posizione dell’annuncio
  • tipo di pagina (home, articolo, categoria…)

Più i dati sono dettagliati, più le ottimizzazioni saranno efficaci.

3. Cambia una cosa alla volta

Evita rivoluzioni totali. Fai piccoli test, tipo spostare un annuncio o cambiare un formato, e misura cosa succede. Così capisci cosa funziona davvero.

4. Attenzione alla velocità

Un sito lento fa scappare gli utenti… e abbassa il viewability. Assicurati che gli annunci si carichino in fretta. Un trucco? Usa il lazy loading per far comparire gli annunci solo quando servono davvero.

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5. Usa i dati

Se hai posizionamenti con ottimo viewability, dillo agli inserzionisti. Puoi ottenere condizioni migliori se dimostri che il tuo sito offre visibilità reale e di qualità.

6. Non dimenticare l’utente

Gli annunci devono essere visibili, ma non fastidiosi. Evita quelli invadenti (tipo gli interstitial a tutto schermo) e pensa a come migliorare l’esperienza complessiva. Un utente soddisfatto resta di più, clicca di più e… fa guadagnare di più.

In conclusione

Il Viewability Rate è una metrica preziosa, ma da sola non basta. Serve a capire se i tuoi annunci vengono visti, ma il vero obiettivo è farli funzionare. E per riuscirci, serve equilibrio: tra visibilità, quantità, formati e – come sempre – user experience.

Lavorando su tutti questi aspetti insieme, la monetizzazione non solo migliora, ma diventa anche più sostenibile nel tempo.