Il futuro della tecnologia sarebbe cinese, se non fosse per la Cina

TRADOTTO IN AUTOMATICO CON DEEPL

La corsa ai dati avrà delle vittime.

Se guardiamo alle dieci aziende di maggior valore al mondo in questo momento, otto sono aziende tecnologiche e di queste otto due provengono dalla Cina continentale. Questa è solo la punta dell’iceberg se consideriamo che la Cina ospita un terzo degli unicorni, start-up valutate oltre 1 miliardo di dollari e in procinto di essere quotate in borsa. A parità di altre condizioni, nel 2025 potremmo facilmente prevedere uno scenario in cui cinque delle dieci aziende di maggior valore saranno cinesi. Ma è improbabile che altre cose siano uguali.

Le 10 maggiori aziende al mondo per capitalizzazione di mercato nel 2021 (in miliardi di dollari)

Fonte: Statista 2021 Statista 2021

L’ascesa della Cina nell’economia digitale è stata certamente favorita dal protezionismo del governo, che ha vietato fin dall’inizio le maggiori piattaforme statunitensi (Google, Apple, YouTube, Facebook), consentendo agli operatori nazionali di guadagnare quote di mercato in una classe media in rapida crescita e con un elevato reddito disponibile. Aziende cinesi come Tecent e Alibaba si sono trovate nel posto giusto al momento giusto, favorite dal protezionismo in patria mentre raccoglievano denaro sul mercato azionario statunitense, che ha permesso loro di accedere al capitale in modo economico, rapido e veloce.

La pandemia di coronavirus ha contribuito a dare impulso al business digitale della Cina, grazie al cambiamento delle abitudini dei consumatori di tutto il mondo. Nel 2020, le big tech cinesi rappresenteranno il 39% del PIL del Paese, per un fatturato di 6.000 miliardi di dollari (9% su base annua), secondo il libro bianco Digital Economy Development in China (2021), pubblicato dalla China Academy of Information and Communication Technology (CAICT). Si stima che entro il 2025 l’economia digitale rappresenterà il 55% del PIL del Paese.

Per semplicità, l’economia digitale cinese può essere suddivisa in due segmenti principali: le aziende di hardware (ad esempio Huawei, Xiaomi, Nio) e le aziende di Internet (ad esempio Tencent, Bytedance, Alibaba, JD, Baidu, Yalla, Pinduoduo), che si concentrano principalmente sull’intrattenimento, sui social media e sul commercio elettronico. La Cina è sulla buona strada per diventare l’hub mondiale delle tecnologie emergenti e digitali. È già leader mondiale nelle applicazioni basate sull’intelligenza artificiale(con 390.000 domande di brevetto sull’intelligenza artificiale e il 74,7% del totale mondiale di 520.000, secondo il China Artificial Intelligence Development Report 2020), nelle tecnologie blockchain e nella computazione quantistica. Il Paese ha fatto passi da gigante in diversi settori digitali, come l’e-commerce, il fintech e la guida autonoma. L’unico ostacolo all’ascesa della Cina è la Cina stessa.

La Cina si è resa conto che i dati sono la nuova valuta mondiale e, in quanto tali, richiedono regole esplicite per controllare le modalità di raccolta e condivisione. Questo nuovo approccio ai dati è diventato evidente nell’aprile 2020, quando la Cina ha incluso esplicitamente i dati nell’elenco dei “fattori di produzione” che costituiscono i quattro pilastri della politica economica socialista: “terra, lavoro, capitale e tecnologia”. Le ambizioni di Pechino vanno ben oltre il dominio economico e tecnologico. Le tecnologie digitali sono strumenti per una governance efficace su aziende e cittadini, per imporre comportamenti conformi e conformisti. Questo approccio al controllo dei dati ha portato a un sistematico giro di vite normativo sui giganti tecnologici. Una guerra che è culminata questo mese con le autorità di regolamentazione che hanno accusato Didi – la più grande società di ride-hailing al mondo – di presunte violazioni della privacy dei dati e della sicurezza nazionale. Ciò è avvenuto solo due giorni dopo che Didi è stata quotata in borsa a New York con una valutazione di 4,4 miliardi di dollari. Alcune società sono state anche ammonite o multate nel tentativo di dissuaderle dal quotarsi negli Stati Uniti. Questa mossa deliberata delle autorità cinesi pone di fatto fine a un’epoca di espansione aggressiva delle imprese cinesi all’estero.

Gli investitori sono sempre più diffidenti a causa di questa nuova guerra fredda tra Cina e Stati Uniti. Mentre 12,5 miliardi di dollari sono già stati raccolti attraverso le offerte statunitensi effettuate da aziende cinesi nel 2021, nelle ultime settimane le società cinesi stanno mettendo in pausa i piani di IPO, per un valore totale di 182 miliardi di dollari (compresa ByteDance).

Nel frattempo, i titoli tecnologici cinesi hanno perso oltre 800 milioni di dollari da febbraio e l’indice Hang Seng Tech è sceso del 31% rispetto ai massimi di febbraio.

Perdita di valore di 800 miliardi di dollari dei titoli tecnologici cinesi dal febbraio 2021 (in miliardi di dollari)

Fonte: bloomberg

Il recente colpo inferto ai giganti tecnologici cinesi testimonia che, mentre il futuro della tecnologia sarà molto probabilmente cinese, la Cina ha bisogno del mondo tanto quanto il mondo ha bisogno della Cina per raggiungere i suoi enormi obiettivi di sviluppo. I mercati finanziari globali svolgeranno un ruolo fondamentale nel finanziare il piano di investimenti da 15.000 miliardi di dollari di cui il governo avrà bisogno nei prossimi due decenni. La palla è nel loro campo ora, la storia ci dice che un eccesso di regolamentazione va a scapito della crescita economica. Allo stesso tempo, la storia ci dice anche che quando la posta in gioco è alta, le superpotenze sono disposte a subire colpi a breve termine per raggiungere obiettivi politici a lungo termine. Purtroppo, questo sembra il caso della Cina.